Nel terribile crollo della Torre Piloti morirono nove persone

Nove anni fa la tragedia del crollo della Torre Piloti a Genova

 Sono passati nove anni dal drammatico crollo della Torre Piloti a molo Giano a Genova, una tragedia nella quale persero la vita nove persone. A causare quell'evento lo schianto della motonave Jolly Nero, che era in uscita dal porto.

Persero la vita: 
Sergio Basso, operatore radio dei rimorchiatori, 50 anni, di Vernazza; Maurizio Potenza, operatore radio dei piloti, 50 anni, di Genova; Michele Robazza, pilota, 44 anni, di Pistoia; Francesco Cetrola, maresciallo, 38 anni, di Santa Marina; Marco De Candussio, capo di prima classe, 39 anni di Fornaci di Barga; Davide Morella, sottocapo di prima classe, 33 anni di Biella; Giuseppe Tusa, sottocapo di seconda classe, 30 anni, di Milazzo; Daniele Fratantonio, sottocapo di terza classe, 30 anni, di Rapallo; Giovanni Iacoviello, sergente, 35 anni, di Carrara. 

In primo grado è stato condannato a tre anni l'ammiraglio Felicio Angrisano, ex comandante della Capitaneria di Porto di Genova. Oltre a lui sono state condannate altre sei persone tra ex progettisti, datori di lavoro e dirigenti che approvarono il progetto. Il pg Enrico. 

Nell'ambito del processo bis sulla collocazione della Torre Piloti la Corte d'Appello ha accolto le istanze portate dai legali degli imputati per far acquisire i dati Ais (automatic identification system) relativi a tutte le manovre compiute tra il 2010 e il 7 maggio 2013 dalla Jolly Nero e dalla sua gemella, la Jolly Arancione nell'area del porto di Genova dove sorgeva la struttura crollata dopo l'impatto. 

Solidarietà anche da parte dell'Associazione Il Mondo Che Vorrei ONLUS sempre vicina alle famiglie della terribile tragedia. A tal riguardo si riporta di seguito il pensiero espresso da Adele Chiello Tusa, la madre di Giuseppe Tusa, presente in numerose udienze del processo della strage di Viareggio.

Il tempo passa e la notizia di una strage scivola sempre più in fondo, finché la notizia va scemando fino al silenzio totale. A questo punto i familiari delle vittime rimangono sole, abbandonate dallo Stato, quello stesso Stato che spesso è colpevole degli eventi. Comincia l’iter di un processo, quasi sempre sconosciuto a noi familiari in una fase di grande fragilità per la grave perdita di una persona cara, ci si ritrova in un’aula di Tribunale a sperare che un cavillo non si trasformi nella beffa dopo il danno subito. Affrontarlo costituisce grande energia emotiva ed economica, quindi cala l’abisso totale e hai solo due alternative: abbandoni tutto e deleghi agli avvoltoi di turno, ti rimbocchi le maniche e devi intraprendere una dolorosa battaglia in giudizio.
Agire, per fare emergere le responsabilità degli atti compiuti in violazione di quei diritti legittimi, e l’accertamento della natura oggettiva del reato, sarebbe stato compito della procura, il pm ha l’obbligo di esercitare l’azione penale. Purtroppo, non è stato così nel processo del crollo della torre e di tanti altri processi italiani. Non era compito mio, pertanto mi sono ritrovata in primis a dover affrontare anche una battaglia con chi mi avrebbe dovuto tutelare: lo Stato. Un grande conflitto: ottenere giustizia dallo stesso colpevole.